I funghi dell'Appennino tosco-emiliano

Soprattutto per alcuni Generi fungini è di grande importanza l’utilizzo di reagenti chimici. Tali sostanze, inducendo un cambio di colore di porzioni del corpo fruttifero, possono condurre il determinatore sulla strada giusta.

Le suddette sostanze chimiche si suddividono in macroreagenti e microreagenti.

  • Macroreagenti: reagenti chimici che si utilizzano per macroreazioni, cioè per reazioni che possono essere osservate ad occhio nudo.
  • Microreagenti: reagenti chimici che si utilizzano per microreazioni, cioè per reazioni che possono esclusivamente essere osservate con l’ausilio di un microscopio.

In questa sede noi ci occuperemo esclusivamente delle prime, rimandando a testi specialistici coloro i quali, possedendo un’adeguata strumentazione, sono interessati anche ad uno studio microscopico dei miceti.

Le difficoltà maggiori nell’utilizzo di reagenti chimici nello studio dei funghi sono essenzialmente riconducibili alla difficoltà di reperimento di alcune delle sostanze utili, alla necessità di rinnovare molto frequentemente i reagenti per avere la garanzia che la reazione si sviluppi correttamente e al rischio insito nel maneggiare sostanze che, almeno in taluni casi, hanno un grado di tossicità non certo trascurabile.

Di seguito, in estrema sintesi, i principali reagenti chimici utilizzati:

  • Ammoniaca (NH4OH): facilmente reperibile in commercio, si utilizza con una soluzione in acqua al 50%; è utile ad esempio nella determinazione di alcune specie appartenenti ai Generi Cortinarius e Lactarius.
  • Solfato di ferro (FeSO4): si utilizza sia in soluzione acquosa a circa il 10%, sia in cristalli puri; utile nella determinazione di alcune specie di Russula ma anche di numerosi altri funghi.
  • Idrossido di sodio (NaOH) e Idrossido di potassio (KOH): si utilizzano in soluzione acquosa a circa il 10%; utili nel riconoscimento di numerosi funghi, soprattutto appartenenti al Genere Cortinarius.
  • Fenolo (C6H5OH): con una soluzione acquosa di circa il 3% si utilizza soprattutto nella determinazione di alcune specie di Russula.
  • Reagente di Melzer: reperibile nei laboratori chimici, è costituito da 1,5g di iodio, 5g di ioduro di potassio, il tutto disciolto in 100ml di acqua distillata; quando se ne prevede l’uso si miscelano i ml necessari con la stessa quantità di cloralio idrato. Questo reagente si utilizza sulle spore, che sono definite “amiloidi” se a contatto con la sostanza divengono blu o violette e viceversa “non amiloidi”.

Esistono ovviamente molti altri macroreagenti a cui non si fa cenno che però sono ancor più difficili da reperire dei precedenti ed hanno un utilizzo meno diffuso.

Nelle schede monografiche saranno poste in evidenza eventuali macroreazioni con le sostanze chimiche citate nel testo.

 

È questo probabilmente l’aspetto che attira principalmente l’attenzione quando si trova un fungo. Come è naturale si tratta di un carattere assai importante per l’identificazione del Genere e della Specie ma, a differenza della maggior parte degli altri esseri viventi, vegetali e animali, è un carattere che può rivelarsi molto mutevole e incostante, almeno per alcuni gruppi di funghi.

Sono infatti numerose le variabili che intervengono nel determinare il colore di un fungo, in particolare quello della superficie del cappello; influiscono molto il tempo umido o secco, la pioggia, l’età del corpo fruttifero (il suo stadio di sviluppo), il grado di illuminazione e di soleggiamento del luogo di crescita e, più in generale, l’habitat specifico.

Come accennato, non tutte le specie fungine sono soggette a variazioni molto pronunciate del loro colore (da soggetto a soggetto, nelle diverse condizioni ecologiche di crescita e nei differenti stadi di sviluppo). Certamente il gruppo di funghi più variabile è quello delle russule; per alcune specie di russule ad esempio è possibile incontrare individui appartenenti alla stessa specie con colori variabili dal verde, al biancastro al rossiccio. In questo caso evidentemente non può essere il colore a condurre il determinatore sulla giusta strada; sarà necessaria quindi l’osservazione attenta di tutti gli altri caratteri macroscopici, di quelli organolettici e, se necessario, dei caratteri microscopici e l’ausilio di macroreagenti.

 

  • Russula cyanoxantha (colombina). Fungo facilmente riconoscibile in questa veste che diviene di difficile riconoscimento quando si presenta di colore verde o rosa ciclamino
    Russula cyanoxantha (colombina). Fungo facilmente riconoscibile in questa veste che diviene di difficile riconoscimento quando si presenta di colore verde o rosa ciclamino

 

Da queste considerazioni resta evidente che prima di essere certi della classificazione di un fungo dopo averlo semplicemente osservato - e procedere magari al suo consumo - è quanto mai opportuno fare ulteriori verifiche per evitare errori che, in questi casi, possono rivelarsi assai spiacevoli quando non tragici.

Per viraggio si intende la modifica del colore iniziale del fungo verso un altro colore, nella maggior parte dei casi provocato da fenomeni di ossidazione dovuti all’esposizione all’aria. In questo capitolo ci soffermeremo sui viraggi naturali; come si accennerà in seguito esistono infatti anche viraggi, detti artificiali, provocati dal contatto della carne del fungo con reagenti chimici specifici.
Il viraggio è un aspetto determinativo assai rilevante in quanto la presenza o meno della variazione del colore, la struttura fungina che subisce il viraggio, il tempo necessario alla variazione e il colore che si sviluppa, sono tutti caratteri che possono consentire di imboccare la giusta strada nel processo identificativo.
È probabilmente conoscenza di tutti che numerosi funghi appartenenti al gruppo dei boleti hanno viraggi molto evidenti; in realtà questo fenomeno è tipico anche di altri funghi.

Di seguito mostriamo tre esempi di viraggi di boletacee.

 

  • Viraggio al blu nella parte alta del gambo e sul cappello - Boletus rhodoxanthus
    Viraggio al blu nella parte alta del gambo e sul cappello - Boletus rhodoxanthus
  • Viraggio al rosso nella parte inferiore del gambo, al blu sulla parte alta e sul cappello - Boletus luridus
    Viraggio al rosso nella parte inferiore del gambo, al blu sulla parte alta e sul cappello - Boletus luridus
  • Viraggio al blu dei tubuli dopo il contatto con le dita - Xerocomus badius
    Viraggio al blu dei tubuli dopo il contatto con le dita - Xerocomus badius

 

Come ricordato però anche altri funghi posseggono questa caratteristica; tra questi numerosi sono gli Agaricus, alcune Macrolepiota, qualche Amanita, certi Lactarius e Russula. Di seguito due esempi tipici; si sottolinea come nello stesso nome specifico dell’Amanita rubescens sia posto in evidenza questo peculiare aspetto.

 

  • Viraggio all’arancione successivamente al taglio (la carne vira ed esce lattice dello stesso colore) – Lactarius deliciosus
    Viraggio all’arancione successivamente al taglio (la carne vira ed esce lattice dello stesso colore) – Lactarius deliciosus
  • Viraggio al rosso delle zone erose – Amanita rubescens
    Viraggio al rosso delle zone erose – Amanita rubescens

 

È una delle caratteristiche di più difficile definizione per una serie di motivi: notevole soggettività nell’interpretazione degli odori, difficoltà di definizione, eterogeneità dei soggetti rispetto alle capacità olfattive, differenze di odore ai diversi stadi di sviluppo e con condizioni atmosferiche caratterizzate da umidità o secchezza.
Tuttavia, almeno per la determinazione di certi funghi, tale caratteristica risulta essere risolutiva, purché l’analisi venga effettuata su esemplari in ottimo stato di conservazione e appena raccolti. Per rendere più evidente l’odore è di frequente utile spappolare tra le mani un frammento del fungo.
Numerosi testi specialistici hanno tentato di codificare, con descrizioni e definizioni, gli odori che possono essere riscontrati nei funghi. La loro varietà è sorprendente: dal tipico odore fungino, al farinaceo, all’odore di pesce, di cimice, cadaverico, di nocciola, fruttato, floreale, di candeggina, etc.

Il cittadino comune che dovesse vedere qualcuno in un bosco raccogliere un fungo ed assaggiarlo rimarrebbe sorpreso e allarmato. In realtà seguendo le procedure previste per mettere in atto questa tecnica non si corre alcun rischio, nemmeno con i funghi velenosi. Resta evidente che conoscendo perfettamente le poche specie molto velenose che possono, se ingerite, condurre alla morte non sarà per queste necessario e opportuno testarne il sapore.
Per evitare ogni rischio si procede nel modo seguente: si sceglie un esemplare sano e giovane, si preleva un pezzo di carne, lo si pone all’interno della bocca e si procede alla masticazione con gli incisivi valutandone il sapore; senza ingerire nulla si procede quindi a espellere completamente dalla bocca il fungo e a sciacquare con abbondante acqua.
Anche in questo caso, come per l’odore, vi sono alcune difficoltà che possono rendere questa valutazione non sempre facile. In ogni caso, soprattutto per alcuni generi come Russula, Lactarius e Tricholoma, è un passaggio di fondamentale importanza per giungere ad una determinazione corretta.
I sapori più comunemente codificati vanno dal fungino, all’amaro, all’acido, al piccante, al dolciastro.

Ulteriore elemento di una certa importanza soprattutto per la determinazione di alcune specie e che, oltretutto, ha un certo grado di fascino, è la valutazione del colore della cosiddetta ‘sporata in massa’.
Come abbiamo ricordato in precedenza la valutazione delle spore non può che essere fatta al microscopio; se però, con una semplice tecnica, si riesce a far procedere l’esemplare raccolto alla dispersione delle spore avremo modo di individuarne il colore dominante.
La modalità per produrre la sporata è assai semplice: si taglia il gambo del fungo e si appoggia il cappello con l’imenoforo verso il basso su un foglio di carta o, meglio, su un vetro trasparente. Per facilitare la produzione delle spore può essere utile coprire il cappello con un contenitore capovolto in modo da aumentare l’umidità. Dopo alcune ore si potrà osservare, alzando il cappello, l’impronta della sporata e il colore.

 

  • Sporata rosa salmone di Pluteus cervinus (Pluteo)
    Sporata rosa salmone di Pluteus cervinus (Pluteo)
  • Sporata nera di Agaricus campestris (Prataiolo)
    Sporata nera di Agaricus campestris (Prataiolo)

 

Alcuni generi hanno sporate assai tipiche come i Pluteus che mostrano un evidente colore rosa salmone. In altri casi, all’interno dello stesso genere (come è per le Russula) il colore e la gradazione di colore sono state codificate da micologi esperti per facilitare il riconoscimento delle singole specie.

Certamente sì.
Non bisogna mai scordare che i funghi che raccogliamo sono di fatto il mezzo per la perpetuazione della specie. Sono i corpi fruttiferi che contengono le spore preposte alla diffusione e alla germinazione quando giungono in un ambiente favorevole. Le legislazioni regionali e quella nazionale pongono dei limiti nel quantitativo di funghi che possono essere raccolti e sulle dimensioni minime degli stessi, proprio per limitare questo rischio. Peraltro anche la presenza contemporanea nel bosco di numerosissimi cercatori causa problemi dovuti, otre alla raccolta di quasi tutti i corpi fruttiferi, anche ai danni dell’eccessivo calpestamento che danneggia il micelio sotterraneo.

Le diverse specie fungine, come accade per le specie vegetali e anche per le specie animali, sono composte da differenti sostanze. Tra queste vi possono essere molecole dannose per l’organismo umano se ingerite. Per tale ragione alcuni funghi sono da considerarsi velenosi: contengono sostanze che, a seconda della loro tipologia, quindi del loro grado di tossicità, provocano disturbi, patologie o addirittura la morte.

Questa credenza è assolutamente priva di ogni fondamento anche se si può risalire al motivo per il quale molti credono che ciò sia vero. Ovviamente vedere un fungo non significa affatto interromperne l’accrescimento. Se il giorno successivo l’esemplare visto in precedenza non ha modificato le proprie dimensioni vi sono tre ipotesi da considerare:

  • Il fungo potrebbe avere già raggiunto il proprio grado di maturazione oppure le avverse condizioni ambientali ne hanno interrotto l’accrescimento.
  • Le larve, spesso non visibili dall’esterno, potrebbero aver danneggiato irreparabilmente la base del gambo e quindi interrotto la crescita.
  • Vedere un fungo significa automaticamente essergli vicino; in questo modo è possibile che il calpestamento del terreno circostante danneggi i cordoni miceliari che alimentano il fungo interrompendone l’accrescimento.